Il rapporto uomo-natura è
sempre stato da un lato conflittuale e dall'altro di rispetto.
Nel
corso dei secoli, l'uomo ha realizzato profonde trasformazioni ambientali, riducendo
gli spazi naturali (boschi, zone umide, anse fluviali) al fine di estendere le
aree agricole e urbane.
Questo processo
ha comportato conseguenze negative mettendo in crisi l'intero sistema ecologico
nel quale l'uomo stesso vive. Oggigiorno è prioritaria la necessità
di coniugare il rapporto tra le esigenze socio-economiche e la tutela ambientale
attraverso criteri di programmazione, pianificazione e gestione del territorio.
Si è evoluta una nuova filosofia di
azione tesa a recuperare e salvaguardare l'ambiente tramite la protezione delle
zone naturali e la realizzazione di interventi di ingegneria naturalistica, in
cui le piante, la terra, legname e pietrame diventano materiali da costruzione.
DIFESA
DEL SUOLO E SOSTENIBILITA' DEL TERRITORIO
Dott.
Arch. Tonino Cicconetti*
Allo stato
attuale il territorio è una risorsa a rischio: fortemente compromesso dagli
interventi dell'uomo e allo stesso tempo ricco di funzioni sociali ed economiche
storicizzate e consolidate, necessita di azioni di prevenzione e risanamento con
scelte di uso e produttività compatibili con le esigenze di difesa e tutela
idrogeologica al fine di porre in sicurezza popolazioni, insediamenti, infrastrutture
esistenti.
Come dimostrato da vari eventi
naturali, quali alluvioni e frane, il suolo è relativamente statico: nel
momento in cui le sue qualità e funzioni vengono danneggiate, emergono
situazioni di pericolo. Occorre ristabilire la "sostenibilità
del territorio" attraverso i legami tra le risorse ambientali e il lavoro
umano, tra la popolazione e l'ambiente; in definitiva tra economia, basata sul
lavoro umano, e ecologia, basata sul lavoro dell'ambiente. E solo una corretta
difesa del suolo favorisce la protezione dell'ambiente inteso sia come habitat
che come paesaggio.
Per il perseguimento
di tali obiettivi è primaria un'attività di pianificazione, programmazione
ed attuazione degli interventi di recupero naturalistico, sistemazione dei corsi
d'acqua, consolidamento dei versanti e delle aree instabili, difesa del patrimonio
boschivo.
TUTELA E VINCOLI A DIFESA DEI BOSCHI
I
boschi e le foreste concorrono alla tutela idrogeologica e alla sicurezza del
suolo limitando il rischio di frane, smottamenti e valanghe, tutelano la salubrità
dell'aria, data la capacità di ridurre l'anidride carbonica principale
gas ad effetto serra, determinano con la varietà di esemplari e di specie
autoctone nonché di colori la bellezza del paesaggio: costituiscono in
definitiva un bene ambientale "insostituibile della qualità
della vita" (art. 1 L. 353/2000).
La disciplina in materia li considera sia come un bene da difendere sia una risorsa
economica.
La L.R. 39/2002 in applicazione
al D. Lgs. 18 maggio 2001 n. 227 definisce il termine "bosco": "qualsiasi
area coperta di vegetazione forestale avente estensione non inferiore a 5mila
metri quadrati e di larghezza, mediamente maggiore di venti metri, e copertura
non inferiore al 20% in qualsiasi stadio di sviluppo".
La legge in accordo alle direttive nazionali, promuove lo sviluppo del sistema
forestale con particolare riguardo agli obiettivi di tutela del paesaggio (D.
Lgs. 42/2004 ex D. Lgs. 490/1999 e L.R. 24/1998), di difesa del suolo (L. 183/1989)
e di tutela idrogeologica dei terreni montani (R.D.L. 3267/1923).
Il D. Lgs. 42/2004 considera aree tutelate per legge per il loro interesse paesaggistico
"i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi
o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento".
Per tali zone si esclude, all'art. 149,
la richiesta di autorizzazione nei seguenti casi: interventi di manutenzione consolidamento
e restauro degli edifici; interventi inerenti l'esercizio dell'attività
agro-silvo-pastorale sempre che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;
il taglio colturale, la forestazione, le opere di bonifica e le opere antincendio.
Queste ultime assumono importanza visto
il problema degli incendi boschivi spesso di dimensioni drammatiche. Con l'incendio
si sottraggono al bosco tutte le proprietà di difesa idrogeologica, produzione
di ossigeno, conseguente perdita del patrimonio naturalistico, danno al paesaggio
e alle attività umane.
Un'apposita
normativa, che coinvolge anche il settore della Protezione Civile, è stata
redatta per la difesa dei boschi dagli incendi: la L. 47/1975 è stata abrogata
e sostituita dalla L. 353/2000 che ha ridisegnato interamente la materia.
Pianificazione delle misure di prevenzione, sorveglianza e lotta contro gli incendi,
sensibilizzazione della popolazione con attività informative, coinvolgimento
delle strutture operative di Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane,
sistema sanzionatorio più restrittivo con divieto di realizzazione di edifici
per dieci anni nelle aree percorse da incendi e con divieto del cambio di destinazione
d'uso dei terreni per 15 anni.
Con la
L. 183 del 1989 si ridefinisce l'assetto organizzativo e funzionale della "difesa
del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio
idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli
aspetti ambientali ad essi connessi" (art. 1). Fonte principale della
materia, prevede un articolato sistema di pianificazione: sono individuati una
serie di bacini riferiti ai sistemi fluviali (Po, Adige, Tevere,
) e l'autorità
corrispondente redige un apposito "piano di assetto idrogeologico" che
individua e quantifica le situazioni e le cause di degrado, i vincoli, detta norme
per la tutela del suolo, indica le zone da assoggettare a speciali vincoli. Il
piano di bacino è un piano territoriale di settore le cui disposizioni
sono immediatamente vincolanti per gli enti pubblici e per i soggetti privati:
gli enti pubblici non possono rilasciare autorizzazioni o concessioni in contrasto
con il piano.
Solo nel 1998 la L.R.
n. 53 "Organizzazione regionale della difesa del suolo in applicazione della
L. 18 maggio 1989 n. 183" delega alle province le funzioni amministrative
concernenti le opere idrauliche, la forestazione, i provvedimenti riguardanti
il vincolo idrogeologico. La finalità è di "garantire la
difesa del suolo da tutti i fattori negativi" che hanno portato all'aggravamento
del rischio idrogeologico negli ultimi decenni: insediamenti abitativi e produttivi
in aree di pertinenza fluviale e a rischio di alluvioni o in zone soggette a frane,
dilagare dell'abusivismo edilizio, scarsa manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua
e dei versanti, progressivo abbandono della montagna, assenza di sistemi efficaci
di monitoraggio.
Questo tipo di normativa
si affianca ai vincoli dovuti al rischio di perdita di stabilità, denudazioni,
turbamento del regime delle acque, che prevedono anche la possibilità di
sottoporre a limitazioni nella loro utilizzazione i boschi, che per la loro ubicazione,
difendono terreni e fabbricati dai pericoli naturali, quali cadute di valanghe
e rotolamento massi.
La prima normativa
riassuntiva in merito con l'obiettivo della tutela idrogeologica dei terreni montani
risale all'emanazione del R.D.L. 30 dicembre 1923 n. 3267, tuttora in vigore,
dal titolo "Riordinamento e riforma in materia di boschi e terreni montani".
L'impostazione risultò fondamentale
per meglio definire ed individuare ciò che si intendeva tutelare e quindi
tenere sotto vincolo.
IL VINCOLO IDROGEOLOGICO
Il
concetto innovativo del R.D.L. n° 3267 è chiaramente enunciato all'art.
1 che così recita: "Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici
i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione
contrastanti con le norme di cui agli artt. 7,8 e 9 (articoli che riguardano dissodamenti,
cambiamenti di coltura ed esercizio del pascolo), possono con danno pubblico subire
denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque".
Il vincolo idrogeologico riguarda le
aree da tutelare per motivi di difesa del suolo. La difesa del suolo dai dissesti
si attua specialmente nelle aree collinari e montane, che costituiscono la maggior
parte del territorio della Provincia di Rieti.
Lo scopo principale del Vincolo Idrogeologico è quello di preservare l'ambiente
fisico e quindi di garantire che tutti gli interventi che vanno ad interagire
con il territorio non compromettano la stabilità dello stesso, né
inneschino fenomeni erosivi, ecc., con possibilità di danno pubblico.
Il Vincolo Idrogeologico in generale non preclude la possibilità di intervenire
sul territorio.
Proprio per tale azione
positiva in cui si pone la precipua funzione della normativa in materia di vincolo
per scopi idrogeologici, appare di basilare importanza la documentazione che si
chiede di allegare alle istanze, non solo per avere una descrizione puntuale dell'intervento,
ma anche per avere parametri di valutazione precisi ed oggettivi circa l'inserimento
dello stesso nel contesto vegetazionale ed idrogeologico dei luoghi. Una dettagliata
documentazione dello stato reale per un intorno rappresentativo e una valutazione
della possibile futura trasformazione che l'intervento stesso può determinare.
Il tutto al fine di fornire le eventuali prescrizioni che consentano l'integrazione
dell'opera nel territorio. Un territorio che deve rimanere integro e fruibile
anche dopo l'azione dell'uomo.
Per la
gestione del vincolo idrogeologico l'Amministrazione Provinciale di Rieti ha approvato
il Regolamento che disciplina il procedimento relativo allo svolgimento delle
funzioni amministrative delegate ai sensi della Legge Regionale n. 4 e n. 5 del
5 marzo 1997 art. 17 comma 1 lett. H e Legge Regionale 6 agosto 1999 n. 14, in
materia di vincolo idrogeologico di cui al Regio Decreto legge 30 dicembre 1923
n. 3267, conosciuto come "Legge Forestale" ed al suo Regolamento di
applicazione ed esecuzione R.D. 16 maggio 1926 n. 1126, conosciuto come "Regolamento
Forestale".
In particolare le norme
ivi riportate si applicano a tutti gli interventi di trasformazione e gestione
del territorio, così come definiti nella Delibera di G.R. 30 luglio 1996
n. 6215, la cui autorizzazione ad operare negli ambiti sottoposti a vincolo idrogeologico
è rilasciata dalla Provincia, come da Delibera di G.R. 29 luglio 1998 n.
3888.
Gli interventi in aree sottoposte
a vincolo idrogeologico devono essere progettati e realizzati in funzione della
salvaguardia e della qualità dell'ambiente, senza alterare in modo irreversibile
le funzioni biologiche dell'ecosistema in cui vengono inseriti ed arrecare il
minimo danno possibile alle comunità vegetali ed animali presenti, rispettando
allo stesso tempo i valori paesaggistici dell'ambiente (Deliberazione G.R. 28
maggio 1996 n. 4340).
La documentazione
tecnica progettuale a corredo delle istanze deve dimostrare l'avvenuto rispetto,
oltreché degli indirizzi e delle prescrizioni espressi dalla normativa
specifica in materia di vincolo idrogeologico, Legge Forestale, Regolamento Forestale
e Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale (di seguito indicate con P.M.P.F.),
anche della normativa che abbia come obiettivi la difesa del suolo e la prevenzione
dai dissesti del territorio.
Per una
corretta progettazione delle opere si fa riferimento alle seguenti normative:
Disciplina delle aree di particolare
interesse paesistico e ambientale.
D.L. 42/2004 - "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art.
10 legge 6 luglio 2002 n. 137".
In riferimento alla procedura prevista per il rilascio del nulla osta sul vincolo
idrogeologico, disciplinato dal Regolamento, si richiama l'art. 28 della L.R.
06 ottobre 1997 n. 29 che subordina il rilascio di concessioni od autorizzazioni
di impianti, opere ed interventi all'interno di aree naturali protette al preventivo
nulla osta dell'Ente di Gestione ai sensi dell'art. 13 della Legge 394/1991.
Disciplina delle costruzioni.
Legge 64/74 "Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni
per le zone sismiche". D.M. del 22.03.1988 "Norme tecniche riguardanti
le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali
e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione
e il collaudo delle opere di sostegni della terra e delle opere di fondazione
".
Per effetto del D.M., nelle aree
sottoposte a vincolo idrogeologico, in quanto aree soggette a vincoli particolari,
sono prescritte come per le zone dichiarate sismiche indagini di tipo geologico
anche per le opere di fondazione (Capo C), di sostegno (Capo D), consolidamento
dei terreni (Capo M).
Disciplina
per il governo del territorio.
Legge 18 maggio 1989 n° 183 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale
della difesa del suolo"
L.R. n°
53 del 11.12.98 "Organizzazione regionale della difesa del suolo in applicazione
della legge 18 maggio 1989, n. 183", come modificata dalla L.R. 6 agosto
1999 n. 14.
D.G.R. n° 4340 del 28
maggio 1996, "Criteri progettuali per l'attuazione degli interventi in materia
di difesa del suolo nel territorio della Regione Lazio".
CONCLUSIONI
In questo excursus si è
osservata l'importanza di una corretta difesa del suolo finalizzata alla tutela
dell'ambiente. Binomio determinante sia per i benefici ambientali sia per il buon
esito degli interventi urbanistici previsti.
La difesa del suolo è strumento di analisi e valutazione dell'interazione
tra "ambiente naturale" e "ambiente costruito", strumento
teso a mantenere e recuperare risorse ed in tal senso a prevenire dissesti idrogeologici.
In questo contesto assume rilevanza la
capacità di conciliare l'ambiente naturale e da costruire con la capacità
di prevenzione, tramite l'azione che è possibile effettuare nel territorio
ed in particolare nelle zone soggette a vincolo idrogeologico.
I nuovi interventi sul territorio, quando consentiti, dovranno tutelare le risorse
essenziali del territorio stesso con azioni per la salvaguardia delle risorse
essenziali, la difesa del suolo ed in generale la prevenzione e la difesa dall'inquinamento.
Al fine di garantire un basso impatto ambientale, per la sistemazione e la bonifica
dei terreni interessati dai movimenti di terra, si dovrà far ricorso, preferibilmente,
alle tecniche di ingegneria naturalistica.
L'inserimento degli interventi deve risultare compatibile con la fruizione anche
futura dei luoghi.
Il vincolo idrogeologico,
strumento specifico della difesa del suolo e tutela dell'ambiente, è uno
strumento di governo del territorio, punto particolare per la prevenzione dei
rischi di calamità naturale, per la valorizzazione e il recupero di risorse
naturali.
Ciò nel quadro di normative
ambientali che nella società moderna sono volte, da un lato, ad attivare
sinergie tra le Amministrazioni pubbliche e, dall'altro, ad educare e sensibilizzare
i cittadini ad una coscienza sociale attenta alla salvaguardia e alle esigenze
dell'ambiente: ad un uso consapevole del territorio.
(*) Funzionario Provincia
di Rieti - III° Settore
IL
RISCHIO IDROGEOLOGICO NELLA PROVINCIA DI RIETI
Dott.
Geol. Manlio Faraoni * - Dott. Geol. Luca Scacchi **
L'Italia è
un Paese nel quale l'incidenza di calamità naturali è particolarmente
elevata: i danni prodotti ai beni e soprattutto la perdita di numerose vite umane
ne fanno un problema socio-economico importante.
Le cause del dissesto idrogeologico
sono da ricercarsi non solo in eventi esclusivamente naturali, ma in alcuni casi
anche in una pianificazione territoriale non appropriata.
Il termine rischio
idrogeologico indica una serie di eventi naturali in grado di arrecare danni
all'uomo e alle opere. Esso comprende il rischio di inondazione, il rischio di
frana, il rischio di degrado delle risorse idriche e altri rischi come quello
di valanghe, nevicate intense, trombe d'aria e mareggiate.
Il rischio R è
definito come l'entità prevista del danno causato da quell'evento naturale
atteso che si determina per una data area e in un determinato intervallo di tempo.
Le aree potenzialmente interessate da rischio idraulico e geologico costituiscono
le "aree vulnerabili".
Per un dato elemento a rischio l'entità
dei danni attesi può essere stimata attraverso la valutazione di tre parametri:
- pericolosità (H) - rappresenta la probabilità di accadimento
dell'evento calamitoso in una determinata zona in un certo intervallo di tempo;
- vulnerabilità (V) - costituisce il grado di perdita su
un certo elemento o gruppo di elementi esposti a rischio, risultante dal verificarsi
dell'evento. Questo termine adimensionale è compreso tra 0 e 1, intendendo
rispettivamente perdita nulla e perdita totale.
- valore dell'elemento
a rischio (E) - definisce l'entità degli elementi a rischio, misurandoli
in modo diverso a seconda della loro natura. Ad esempio E può esprimere
il numero di persone a rischio o l'ammontare del valore economico dei beni monetizzabili
presenti nell'area vulnerabile.
Il rischio può essere quindi
definito dalla seguente equazione:
R = H x V x E
La
mitigazione del rischio si può attuare attraverso due tipi di intervento:
- strutturale, per ridurre la probabilità che accada un evento;
- non strutturale, per ridurre il danno.
Gli interventi
strutturali sono rappresentati dalle opere di sistemazione, compresa la loro manutenzione
ed il ripristino in caso di danneggiamento.
Il secondo tipo di intervento,
quello non strutturale, riguarda la limitazione d'uso delle aree vulnerabili e
la predisposizione di adeguati piani di emergenza.
Per il territorio italiano
vengono segnalati 5.400 alluvioni e 11.000 frane negli ultimi 80 anni.
Lo
stesso Progetto AVI (Aree Vulnerate in Italia), consistito in un censimento di
frane e inondazioni attraverso la lettura di quotidiani nel periodo 1918-1990,
fornisce un quadro chiaro della gravità del problema nel nostro Paese:
- oltre 6.000 frane censite
- oltre 6.000 località colpite da fenomeni
di esondazione
- oltre 1.400 corsi d'acqua che hanno esondato almeno una
volta
Tra i fattori che predispongono il nostro territorio a frane
e alluvioni, rientra senza dubbio la particolare configurazione geomorfologica
oltre al forte condizionamento generato dall'azione dell'uomo.
Il territorio
della provincia di Rieti, per la sua conformazione geologica e geomorfologia,
si presta a diverse tipologie di dissesto idrogeologico. Frane di scorrimento
e/o colamento si sviluppano prevalentemente nei flysch miocenici e nei
depositi argillosi plio-pleistocenici, mentre fenomeni di crollo si sviluppano
nei conglomerati e depositi di natura carbonatica.
I numerosi dati a disposizione,
ottenuti consultando e confrontando in maniera critica tutte le informazioni disponibili
sui fenomeni di dissesto, mettono in evidenza che la maggior parte dei fenomeni
franosi sono crolli (39%) e scorrimenti (47%), la restante parte sono colamenti
(4%) e frane complesse (10%).
Tipologie di dissesto
nella Provincia Rieti
I terreni coinvolti nelle frane per crollo sono prevalentemente quelli
meso-cenozoici di natura calcarea e marnosa (circa il 65%) e quelli ghiaiosi-sabbiosi
e argillosi del plio-pleistocene (circa il 23%).
Le frane per scorrimento
si distribuiscono maggiormente sui litotipi plio-pleistocenici (circa il 39%)
e su quelli miocenici di natura flyschoide (circa 28%).
I fenomeni franosi
censiti mostrano una loro maggiore concentrazione sui termini calcareo-marnosi
e travertinosi (37%) e plio-pleistocenici (33%).
Di seguito si riportano nel
diagramma a torta le percentuali dei dissesti in relazione al litotipo sui quali
esse si impostano.
Relazione dissesti-litologia
Le condizioni meteorologiche avverse del primo semestre del 2004, hanno
determinato sul territorio provinciale oltre cento dissesti rispetto a quelli
già noti (censiti in collaborazione tra VIII e V Settore dell'Amministrazione
Provinciale) molti dei quali hanno interessato direttamente arterie stradali,
beni pubblici e privati e coinvolto indirettamente diversi centri abitati, arrecando
disagi alla popolazione.
Per quanto riguarda la definizione delle aree a rischio
idraulico, si evidenziano per la provincia di Rieti oltre 2 Km2 di territorio
interessati da tale fenomeno. Gli stessi sono così ripartiti:
- a
rischio "molto elevato" R4 circa 1 Km2;
- aree a rischio "elevato"
R3 circa 0,5 Km2;
- aree a rischio "medio" R2 circa 0,6 Km2.
Il
rischio idrogeologico nella provincia di Rieti è inoltre caratterizzato
da "fenomeni di sprofondamento", concentrati soprattutto nella Piana
di San Vittorino, che pongono a rischio non soltanto le opere antropiche presenti
ma anche il fiume Velino (pensile sulla pianura circostante) ed in particolare
i suoi argini, determinando di conseguenza un forte rischio di esondazione.
Tali fenomeni sono spesso definiti nella letteratura geologica con il termine
di sinkhole, ovvero depressioni di forma sub-circolare dovute a crollo di cavità
carsiche sotterranee spesso colmate da acque mineralizzate.
Le attività
antropiche consistenti in forti emungimenti per uso irriguo ed idropotabile delle
acque sotterranee, possono accentuare tale fenomenologia a causa del richiamo
del flusso idrico e dell'asportazione delle particelle più fini dei terreni.
I dati finora riassunti testimoniano come il territorio della provincia di Rieti
risulti vulnerabile; di conseguenza quanto più gli equilibri idro-geomorfologici
risultano precari, tanto più facilmente possono essere pregiudicati dagli
interventi antropici, anche se di modesta entità.
Non appare superfluo
sottolineare che in molti casi l'uomo e le sue opere non sono "vittima"
del rischio idrogeologico ma piuttosto gli artefici. Molti autori in letteratura
geomorfologica citano infatti l'uomo e le sue azioni, tra le cause del dissesto
idrogeologico e più in generale tra i principali agenti del modellamento
del territorio; l'azione antropica ha cominciato a svolgere un ruolo sensibilmente
evidente a partire dal ventesimo secolo.
La difesa del suolo è regolata
principalmente dalla L.183/1989 e dal decreto-legge n. 180/1998, convertito nella
legge n. 267/1998; conseguentemente la Regione Lazio ha promulgato una propria
legge (L.R. 53/1998) disciplinando il riordino delle funzioni amministrative in
materia di difesa del suolo.
In accordo con le suddette leggi il Vincolo
Idrogeologico ha quindi come obiettivo quello di preservare l'ambiente fisico
affinché tutti gli interventi che vanno ad interagire con il territorio
non compromettano la stabilità dello stesso e nel contempo non comportino
un danno pubblico.
Il ruolo dell'Amministrazione Provinciale pertanto, attraverso
lo strumento del Vincolo Idrogeologico ad essa delegato dalla legislazione vigente
che analizza l'integrazione dell'opera con il territorio, costituisce un contributo
fondamentale alla prevenzione del rischio idrogeologico, finalizzata alla riduzione
del danno economico ed alla salvaguardia delle vite umane attraverso una corretta
pianificazione territoriale.
BIBLIOGRAFIA E FONTI
- Progetto
AVI
- Carta dei fenomeni franosi interessanti i centri abitati e la viabilità
nella provincia di Rieti - Menotti R.M., Millesimi F., Petitta M.
- Censimento
dei movimenti franosi sulla viabilità provinciale Faraoni M. (2004)
- Piano
di Assetto Idrogeologico (Autorità di Bacino del Fiume Tevere)
- inee
guida per la previsione e prevenzione del rischio idrogeologico. Una ipotesi di
lavoro. (GNDCI) - Natale L. - Versace P
- Dati APAT (www.apat.gov.it)
(*)
Funzionario Provincia di Rieti - VIII° Settore
(**) Borsista materie di
politiche ambientali VI° Settore - Provincia di Rieti